Pubblicato il 5/11/2017
Categorie: Aerospaziale

Forni per diffusion bonding: una storia di successo

Forni per diffusion bonding: una storia di successo

Questo che andrete a leggere non è solo un articolo tecnico, ma è anche una storia di passione, impegno, progresso e sfida. L'articolo tratta di forni a vuoto per diffusion bonding (o saldatura a diffusione), partendo da un problema reale che i nostri ingegneri si sono trovati ad affrontare. Ma prima di addentrarci nel cuore di questa affascinante storia, cerchiamo di capire come funziona la tecnologia del diffusion bonding partendo dalle sue basi.

Diffusion bonding: comprendere le basi del processo

La saldatura a diffusione (anche detta diffusion bonding) consiste nell'adesione di due superfici mediante l'azione della temperatura e della pressione. Di conseguenza nel processo di diffusion bonding vengono evitati i difetti correlati alla fusione. Poiché la pressione di legame è ben al di sotto delle tensioni di resa del materiale, la deformazione plastica di massa dei materiali viene completamente evitata.

Il diffusion bonding in vuoto si basa su temperatura, pressione, tempo e vuoto per facilitare lo scambio atomico attraverso l'interfaccia tra i materiali. Il processo lavora su materiali simili o dissimili, purché siano in stretto contatto l’uno con l’altro.

Il processo di diffusion bonding produce giunti ad alta resistenza che possono essere impiegati in molte industrie, tra cui aerospaziale, automotive, costruzione navale, petrolchimica e ingegneria di processo. Le giunzioni sono perfettamente impermeabili e in grado di sopportare temperature elevate di esercizio e/o livelli di vuoto ultra elevati. Le applicazioni più comuni includono la produzione di dispositivi di precisione come collettori, impianti biomedici, ugelli, miscelatori.

Diffusion bonding in vuoto: le difficoltà pratiche

Più di vent’anni fa TAV ha ricevuto il primo ordine di forno a vuoto per diffusion bonding di scambiatori di calore in Titanio. Le dimensioni del forno richieste dal Cliente erano piuttosto notevoli, tali da poter alloggiare una carica lunga, larga e alta. Ci venivano richiesti anche i seguenti requisiti: alto livello di vuoto, alta pressione del gas (Ar) e un’elevata uniformità di temperatura. Il vessel doveva avere un corpo talmente resistente da poter essere certificato come recipiente a pressione. Si trattava di una vera e propria sfida! A quel tempo il diffusion bonding in vuoto rappresentava una tecnologia innovativa della quale noi eravamo i precursori.

In vuoto, con il medesimo spessore di isolamento in tutta la camera termica e a causa della tipica emissività del corpo nero (come nel caso dei pannelli di grafite nera), sarebbe stato abbastanza semplice ottenere una buona uniformità. Ma abbiamo riscontrato che, in presenza di gas, nella camera termica c’erano delle zone più fredde nella parte bassa della camera e delle zone più calde nella parte alta della camera. Di conseguenza, la presenza di gas nella hot zone cambiava completamente le condizioni per ottenere una buona uniformità.

L’uniformità richiesta era un obiettivo difficile da raggiungere a causa della presenza di flussi convettivi nella hot zone e all’esterno della camera termica. Un altro problema derivava anche dalla dissipazione di potenza e dal trasferimento termico alle pareti interne del vessel.

Inoltre, l’utilizzo di ventole, che è la soluzione più comune per gestire l’uniformità di temperatura del gas, ha dimostrato di non essere applicabile a questo processo. Infatti, a pressioni così elevate, anche la turbolenza attorno all’asse della ventola rappresentava una perdita di gas troppo ingente, facendo fuoriuscire dalla camera termica il gas caldo e facendo entrare il gas freddo dall’esterno. Inoltre, anche provando a contrastare i naturali flussi convettivi con un flusso forzato di aria controllato da ventole, ciò avrebbe incrementato ancor di più la dissipazione termica della camera.

Si trattava di un compito impegnativo, la cui soluzione richiedeva una combinazione di esperienza e innovazione. Come abbiamo risolto, dunque, tutte queste difficoltà per realizzare il forno da vuoto secondo le specifiche richieste dal Cliente?

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Caratteristiche del forno a vuoto per diffusion bonding

L’intuizione dei nostri ingegneri, supportata da diversi test, è stata di limitare i naturali flussi convettivi piuttosto che aumentarli con una convezione forzata.

La ragione per cui c’è un ricircolo convettivo è che il gas caldo, una volta che ha raggiunto la parte alta della camera termica e data la sua minor densità, dissipa il suo calore entrando in contatto con l’isolamento. In questo modo il gas si raffredda e ritorna sulla parte bassa della camera termica. Per prevenire ciò, l’isolamento della camera termica fatto in pannelli di grafite ha richiesto differenti spessori per uniformare le perdite di calore in tutte la superfici interne. Le sezioni con maggior spessore di isolamento sono state utilizzate nella parte più alta della camera termica.

Limitare i flussi convettivi ha consentito di limitare la dissipazione e di creare le condizioni per una maggiore ripetibilità di processo per cariche con differenti geometrie, ma senza risolvere in sé il problema dell’uniformità. Per questo motivo, abbiamo anche deciso di installare gli elementi radianti in modo non uniforme e con differenti poteri radianti nella superficie interna. Questo per limitare il surriscaldamento della parte alta della hot zone. Per proteggere la parete interna del vessel pressurizzato dalle alte temperature, abbiamo deciso di installare uno scambiatore di calore addizionale in contatto diretto con la parete del vessel.

Nell’insieme, la calibrazione di tutte queste soluzioni ci ha consentito di raggiungere con facilità l’uniformità di temperatura.

Tutto questo ci ha consentito nel corso degli anni di realizzare una vasta gamma di forni da vuoto per diffusion bonding.

Questo articolo è solo una breve panoramica sulle caratteristiche salienti dei forni per diffusion bonding. Poiché il processo è condotto in vuoto, i giunti ottenuti hanno un contenuto minimo di impurità, anche nel caso di metalli altamente reattivi. Questa particolare saldatura viene utilizzata soprattuto nell'industria aerospaziale per unire insieme materiali e forme che altrimenti non si riuscirebbero ad unire (come nel caso delle costruzioni a nido d'ape).

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