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Si possono avere le idee chiare al momento di acquistare un forno a vuoto?
Certo
che sì e la tematica, solo all'apparenza così complessa, si affronta ragionando
per punti.
Nell'articolo precedente abbiamo fatto la conoscenza di alcuni degli
elementi che contribuiscono alla realizzazione e al perfetto funzionamento di un
forno in vuoto, partendo dai tre che, nel corso del tempo, sono rimasti più costanti.
Ad essi si è aggiunto un altro terzetto, in deciso progresso negli ultimi anni.
Eccoli in fila:
- saldature
- sistemi di pompaggio e misura di vuoto
- leak detection (rilevamento perdite)
- materiali
- elementi di tenuta
- componenti: flange, valvole, serraggi, ecc.
Oggi vado a completare la rassegna dei
10 elementi imprescindibili da valutare nella scelta di un forno che utilizzi il sistema del vuoto.
Sto parlando di:
- trasmissione del calore
- resistore
- spegnimento
- automazione.
La trasmissione del calore
Il cuore dell'attività di un forno in alto vuoto si concentra in due parti:
una camera a tenuta di vuoto a doppia parete, raffreddata a circolazione
d'acqua, e una camera termica isolata con materiali a bassa conducibilità
(wafer di grafite), in cui sono posizionati il resistore e la carica da trattare.
Il funzionamento del forno per trattamenti termici in vuoto prevede due possibili
livelli di vuoto:
- senza gas parziale
- con gas parziale.
Nel primo caso il trasferimento di calore, per azione delle molecole che si muovono
dalla parte calda a quella fredda, avviene in regime di conduzione libera molecolare:
a condizioni di esercizio più gravose, l'energia scambiata ha un valore prossimo
a 0,025 kW/m2 (quindi veramente trascurabile). È trascurabile anche il calore scambiato
in regime di transizione e così quello di trasmissione per conduzione in campo viscoso
(0,08 kW/cm2). Se ne deduce che l'energia scambiata per conduzione termica in un
forno in alto vuoto è comunque praticamente nulla, indipendentemente dal valore
della pressione (livello di vuoto).
In caso di scambio termico dovuto ad irraggiamento per mezzo di gas parziale
i valori sono ben diversi. Considero anche qui le condizioni più gravose di esercizio:
si raggiungono valori di 3÷4 kW/m2. La pratica conferma il dato scientifico, portando
alla luce anche un aspetto importante ai fini dell'uniformità termica del sistema
a regime: quello delle fughe di calore dalla camera.
Alcuni elementi costitutivi del sistema lavorano, nostro malgrado, contro il suo
perfetto funzionamento. Voglio citare le dispersioni di calore causate dai sostegni
di carica e/o spifferi di radiazione, ma soprattutto quelle generate dai passanti
di corrente.
I passanti di corrente sono delle barre di grafite di grossa sezione collegate a
morsetti di rame raffreddati a circolazione di acqua: in numero di tre o quattro,
costituiscono altrettante zone più fredde della camera. Anche i puntali di sostegno
della carica sono potenziali veicoli di fuga di energia, a cui si tende ad ovviare
inserendo materiali refrattari a bassa conducibilità (pastiglie di allumina) tra
la parte in grafite ed il mantello di acciaio. In alcuni casi vengono aggiunte calcolando
zone di riscaldamento ad energia specifica più elevata in prossimità della base
di appoggio carica.
Il resistore
Passo ora ad un altro elemento del forno basato sulla tecnologia del vuoto che
negli ultimi anni ha subito importanti revisioni. Sto parlando del resistore
e, in particolare, del dimensionamento della sua catena di alimentazione (convertitore
statico, trasformatore, barre, ecc.). Infatti, se questo deve essere tale da fare
raggiungere rapidamente la temperatura di set agli elementi riscaldanti, gli stessi
- però - devono essere abbastanza grandi da far assumere nel tempo più breve la
temperatura di set alla carica, compatibilmente alle geometrie e disposizione dei
pezzi. La tendenza attuale è di prevedere una potenza di alimentazione del resistore
di circa quattro volte la potenza dissipata a regime dal sistema alla massima temperatura
(1270°C).
La superficie del resistore gioca un ruolo fondamentale anche
per accelerare il processo in condizioni di trattamenti a bassa temperatura (per
esempio, nel caso della temperatura di austenitizzazione, a "soli" 800°C), in cui
la potenza erogabile per irraggiamento è sempre esigua.
La posizione del resistore è inoltre di estrema importanza: oggi
è stabilito con certezza che nei forni a geometria orizzontale, in presenza di cariche
costituite da più pezzi, il riscaldamento ottimale è quello realizzato con gli elementi
riscaldanti posti nella superficie superiore ed inferiore del forno. Si giunge così
ad un ciclo termico simile sia per i pezzi collocati alla periferia della carica
che per quelli al centro della stessa.
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Lo spegnimento
Il flusso di gas è cruciale nel processo di spegnimento del
forno a vuoto.
Ottenere la medesima storia termica per tutti i pezzi è uno degli
interessi primari del progettista del forno da vuoto: per questo, viene attentamente
studiata la procedura per avviare la fase di tempra in gas della carica.
In cosa
consiste questa procedura?
In principio viene immesso gas in pressione nel vessel;
quando si è raggiunta la pressione di set, si disalimenta il resistore e si inizia
a far ricircolare il gas a bassa temperatura tramite una grande girante ad elevata
prevalenza. Il gas, circolando, assume calore per poi cederlo lungo il percorso
ad uno scambiatore di calore. È importante il percorso del gas, perché esso
deve fluire attraverso la carica, in modo che vengano raffreddati anche gli elementi
più piccoli ed interni.
In fase di progettazione di un sistema per trattamenti termici in vuoto, sono da
evitare soluzioni con geometrie che consentano al gas di scavalcare la carica o
di lambire solo le superfici più esterne: i filetti fluidi di gas che attraversano
la carica non devono avere componenti di velocità normali ai pezzi.
A cosa porre attenzione?
La sezione di flusso del gas deve avere una dimensione
pari a quella del cesto porta pezzi. La migliore canalizzazione del gas si ha con
percorsi dal basso verso l'alto, poiché si realizza una distribuzione di
flusso congruente con la dislocazione dei pezzi, che si presentano alle correnti
gassose come su un'unica superficie. In caso contrario, con percorso dall'alto verso
il basso, la regolarità di flusso verrebbe turbata dai pezzi di maggiore altezza,
che agiscono provocando il cosiddetto "effetto ombrello" sulle parti sottostanti.
Nel forno per trattamenti termici sottovuoto sono da evitare, in ogni caso, percorsi
del gas dalla geometria assiale e centrale all'interno della camera termica: infatti,
i pezzi tenderebbero così ad assumere temperature diverse, il processo sarebbe mal
controllato e incapperebbe nel rischio di importanti deformazioni sui pezzi stessi.
Come unica alternativa mi sento di consigliare lo sdoppiamento del flusso: un
getto contemporaneo dall'alto e dal basso risolve il problema della tempra veloce
su pezzi di grande dimensione o su cariche a cesti multipli sovrapposti.
L'automazione
Sono arrivato al cuore vibrante dei trattamenti a tecnologia del vuoto: la modernità
di questo sistema risiede soprattutto nel fatto che il ciclo sia completamente automatico.
Una volta progettato e assemblato, il forno in alto vuoto diviene gestibile come
una centrale di lavoro: non è prevista né richiesta la presenza attiva di operatori
durante il processo.
Estremamente accurata e sicura, la programmazione tramite microprocessore garantisce
la ripetibilità di ciclo e l'avviamento di controlli a successione automatica.
Tali controlli di processo diagnosticano i diversi stati di attività del forno per
trattamenti termici sottovuoto. Una serie di segnalatori evidenzia situazioni di
malfunzionamento o disservizio importanti. Il sistema è in grado di porsi automaticamente
in condizioni di sicurezza di fronte ad eventi anomali quali:
- mancanza di energia
- mancanza di acqua
- mancanza di vuoto
- mancanza di gas, ecc.
Nel giro di breve tempo il funzionamento di un forno a vuoto ha richiesto sempre
meno supervisione e sorveglianza: un bel vantaggio per l'azienda, che si ritrova
un impianto capace di lavorare anche di notte, offrendo la massima resa economica.
In pochi anni si è compiuto un salto di generazioni nella tecnologia del vuoto.
La pressurizzazione, in più, oltre a permettere il trattamento termico di materiali
più "difficili", riduce notevolmente i tempi di raffreddamento alle temperature
più basse.
Conclusioni
Si chiude così questa presentazione degli elementi chiave di un forno per trattamenti
termici sottovuoto: ho voluto proporvi una piccola rassegna delle loro caratteristiche
di base, immaginando quali possano essere i vostri interrogativi e che ciò possa
darvi una mano nell'approccio con il progettista e il preventivo. Il migliore risultato
operativo si ottiene quando ogni aspetto è stato preso in considerazione adeguatamente.
Lo specialista troverà in voi un interlocutore preparato e consapevole: le migliori
premesse per avviare una collaborazione di successo.
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